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Fraser Island in 4×4 4WD sull’isola di sabbia più grande del mondo

Non è da tutti riuscire ad adattarsi ad una guida in queste situazioni e soprattutto non è da tutti avventurarsi in un bosco con vegetazione selvaggia se si ha problemi di articolazioni, e/o muscolo scheletrici perché la guida in obliquo e la costante e immancabile variazione delle profondità del terriccio stradale non rende di certo il percorso uniforme e rettilineo. E sopratutto, non è da tutti gestire gli imprevisti, saper guidare e non farsi prendere dal panico, come potevo notare da come affrontavano la situazione le persone che erano con me. Ma per quanto mi riguarda è stato bellissimo e, anche se continuamente ci alternavamo al volante ho guidato io per buona parte del tempo e, per me, è stata un’esperienza fantastica.

Da sempre vicina alle più grosse agenzie viaggi australiane, Happy Travel e Peter Pan, avevo spesso ammirato i video e sentito tanto parlare di Fraser Island, ma a causa degli impegni lavorativi non avevo mai potuto staccare la spina e allontanarmi da Sydney. Il mio momento, invece, era arrivato, avevo prenotato finalmente un’escursione guidata di due giorni. Non avevo molto tempo, ma ero impaziente di visitare questi posti incredibili. Con la mia compagnia la partenza era da Rainbow Beach, così appena svegli subito dopo la colazione ci fecero una vera e propria lezione su come guidare sulla sabbia e su come sopravvivere agli attacchi degli animali selvatici. Eravamo pronti per la scoperta di Fraser Island, l’isola di sabbia più grande del mondo, un’isola deserta di oltre 120km di lunghezza, con boschi, laghi, fiumi, animali selvatici, qualche campeggio senza nessuna pretesa e una stazione di polizia da campo.

Ma andiamo per gradi, la prima cosa bellissima fu che non esistevano strade e avremmo dovuto camminare sulla sabbia! Le nostre auto erano delle 4×4 4WD. Cosa significa? Erano delle auto a trazione integrale (4 Wheel Drive), solitamente le auto normali hanno la trazione sulle ruote anteriori, invece quelle sportive sulle ruote posteriori, invece, questo tipo di macchine hanno la trazione su tutte e quattro le ruote, chiamate anche 4×4 4WD o 4×4 AWD (All Wheel Drive). In parole poverissime significa che tutte e quattro le ruote hanno la “gestione” sulla direzione della macchina, alquanto indispensabile se si cammina sulla sabbia. La cosa bella del guidare sulla sabbia era imparare a gestire e a domare le cosiddette sabbie soffici, quelle responsabili degli impantanamenti, imparare a camminare e a gestire la potenza delle onde dell’Oceano senza far travolgere la propria autovettura e ritrovarsi nell’Oceano, attraversare ruscelli, scogli, rocce, boschi e quindi radici grossissime guidando in obliquo etc.

Una delle cose entusiasmati che non mi sarei mai aspettata di trovare fu il traghetto che attraccava sulla sabbia, faceva salire a bordo le auto da un lato e le faceva scendere dall’altro lato sempre sulla sabbia. Riuscite ad immaginare un traghetto normale che attracca sulla sabbia? Io credo che nell’immediatezza non ci sarei mai riuscita, ed invece eccolo qua!

Arrivammo sull’isola con i Walkie Talkie, i telefoni era scontato dirlo ma non avevano nessuna copertura ed erano pressoché inutili, se non quando li trasformavamo in torce. Tutte le indicazioni da seguire e tutti i vari ostacoli da superare durante il percorso ci venivano segnalati con il walkie talkie, noi procedevamo in carovana, perché rientrava tra gli obblighi della spedizione e dovevamo rigorosamente rispettare la distanza di sicurezza, indispensabile e importantissima, soprattutto in presenza di sabbie soffici.

Avvistammo un dingo, una specie di cane selvatico apparentemente tenero e amorevole, la cui razza più pura si trova su quest’isola, ma che, come i lupi, attacca in branco, abbastanza pericoloso per turisti e persone spaventate che se non conoscono i loro comportamenti rischiano di essere attaccati.

Eravamo diretti verso nord, ma ci fermammo in prossimità di Eli Creek, un fiumiciattolo, il più grande di tutta l’isola, se non ricordo male, e salimmo a piedi su un promontorio per poi immergerci nel fiume guadandolo fino a ritornare alle nostre macchine. Era la prima volta che attraversavo un fiume a piedi, non me lo sarei mai aspettato, era bizzarro per me, ma tutto ciò era possibile perché il fondale era basso e sabbioso.

Successivamente ci dirigemmo verso il campeggio per lasciare il rimorchio dei viveri che trainavamo con i nostri fuoristrada, sì avete capito bene, su un’isola deserta non ci sono viveri, approvvigionamenti vari o carburante. Bisogna organizzarsi bene per la partenza.

Subito dopo il pranzo, proseguimmo verso nord per le Champagne Pools, delle stupende piscine naturali proprio sulla scogliera a strapiombo sull’Oceano Pacifico. Nonostante tutto, l’Oceano non smetteva mai di lambirle e colmarle. Facemmo un piacevolissimo bagno tutti insieme per poi rientrare nel campeggio prima del calare del sole, perchè dovevamo cenare e non avremmo avuto altra luce al di fuori delle nostre torce.

Vi chiederete come si fa nel XXI secolo a vivere prima di tutto senza luce, senza internet e di conseguenza senza cellulari? Beh, l’Australia ha ulteriormente amplificato in me questa necessità a volte di staccare da tutto e tutti, per stare solo a contatto con la natura e nessuna sensazione, posso garantire, sia più bella di vivere in pace con l’ambiente e gli animali circostanti. Ovviamente, sapevo già che non avrei potuto comunicare per due giorni con il resto del mondo, così avevo già psicologicamente preparato anche i miei genitori, e non era un caso sopratutto nell’outback australiano, così come in tutte le aree deserte che non ci fosse il segnale per comunicare per chilometri e chilometri.

Facemmo una delle cene più simpatiche e alcoliche che ho fatto in Australia, scoprendo dopo un giorno che c’era un italiana con noi e due ragazzi, uno canadese e l’altro americano, con origini italiane. Certo che noi italiani siamo ovunque nel mondo! Non vedevo un falò da almeno 17-18 anni e noi lì intorno a chiacchierare felici e a condividere esperienze. Ma la cosa che non potrò mai dimenticare, era raggiungere il bagno al buio (con le torce) dopo il quantitativo di alcool ingerito, cercando ovviamente di schivare gli animali selvaggi. Ovviamente, ci avevano prontamente avvisati che avrebbero fatto multe salatissime a chiunque avesse urinato tra gli alberi.

Inutile dirlo, ma il giorno dopo non voleva guidare nessuno. Facemmo colazione con un panino dal sapore fantastico che ricordo ancora come fossero passate solo poche ore per quant’era buono, era un’australianata con la salsa barbecue, le uova e la pancetta e non ricordo cos’altro, ma era buonissimo tanto che ne presi un secondo. Così, con la santa pazienza ci mettemmo in macchina ed iniziammo uno dei tragitti più stressanti di tutta l’escursione: camminare all’interno del bosco con la macchina! Le radici, il suolo in obliquo, l’esagerato dislivello tra le radici e il terreno lo rendevano un percorso da incubo che generava tensione ed uno stress psicofisico non indifferente. Eravamo diretti a Lake Mckenzie (Boorangoora in aborigeno), un lago di acqua dolce, creatosi con le piogge, dal quale ci si poteva anche abbeverare.

I colori erano bellissimi, ma non ci si poteva allontanare molto dalla riva, come ci era stato suggerito, perché diventava nero, era profondissimo, chissà quanti metri. Nuotammo sulla riva opposta del lago e ci sdraiammo tutti insieme sul bagnasciuga, trascorrendo una piacevole mezza giornata tutti insieme sino all’orario di pranzo dove mangiammo e ritornammo a guidare per rientrare alla nostra base: Rainbow Beach.

Lungo il percorso per rientrare a Rainbow, ci imbattemmo in un relitto spiaggiato sull’isola in seguito ad un ciclone nel 1935, ormai completamente arrugginito e quindi pericoloso, tanto da essere obbligatoria la distanza minima di 3 metri dallo stesso, pena multe molto salate. Ovviamente, anche se è strano a dirsi, è diventata una delle attrazioni turistiche dell’isola, dove qualunque gruppo turistico si ferma a fotografarlo ed ammirarlo, inclusi tutti noi. Sto parlando di S.S. Maheno.

La nostra escursione organizzata stava volgendo al termine, ma noi ci preparavamo ad esplorare anche Rainbow Beach.

Siete curiosi di conoscere il proseguimento dell’escursione? Stay tuned! Nel prossimo post parlerò proprio di questo.

5 risposte a “Fraser Island in 4×4 4WD sull’isola di sabbia più grande del mondo”

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