La mia escursione organizzata prenotata con l’agenzia viaggi Peter Pan, partiva proprio da Rainbow Beach, una piccola cittadina che costeggiava la spiaggia, circondata quasi interamente dal Great Sandy National Park. Questo piccolissimo villaggio aveva un’unica fermata dell’autobus, proprio di fronte alla nostra struttura ricettiva.

Erano sole le 19:00 era tramontato il sole e non c’era traccia di un lampione per strada. Ero inorridita, esterrefatta e nervosa perché non avevo ricevuto nessuna di queste informazioni prima di partire e sinceramente non me lo sarei mai aspettato che non ci sarebbe stata nemmeno una luce lì. Tutto ciò significava che molto difficilmente avrei trovato qualche negozietto dove acquistare una bottiglia d’acqua o dove avrei potuto mangiare un boccone dopo tante ore di viaggio. Ero inquieta, perché non mi ero informata prima; nervosissima perché non avevo avuto tempo per farlo e nessuno me l’aveva detto. Ma ragazzi, un conto è raccontarlo così, un altro conto è viverlo. Così, invece di perdere tempo a recriminarmi in tutti i modi, dato che io sono campionessa mondiale d’altri tempi nel fare ciò, decisi di mettere tutto da parte e iniziare a girare con la mia torcia tra le strade sterrate nella speranza di trovare qualcosa di aperto o quanto meno una luce accesa: aveva vinto la mia parte curiosa e coraggiosa.
Girai l’angolo e comparve come per magia un viale illuminato, avevo rintracciato tramite Google Maps una zona dove sembrava esistere qualche esercizio commerciale, ma su internet mi dava la chiusura a imminente di tutti i locali in zona e come mai ci fosse la rete dati in quel posto, sembrava veramente un miracolo.
Trovai quello che su Google Maps veniva indicato come supermercato, che tra l’altro stava chiudendo e non era un vera e propria soluzione, ma come chiamo io quel genere di locali, era un “supermercato fake”, con giusto qualcosa per la colazione e poi giornali e tabacchi. Mi guardai intorno ed iniziai ad entrare in tutti i locali aperti, quasi come una matta, alla ricerca di acqua e cibo che, per non caricarmi troppo, non avevo portato con me. In realtà, potevo bere l’acqua di rubinetto che è potabile in Australia ma con un’altissima concentrazione di fluoro e per una giornata di digiuno non sarebbe morto nessuno. Non sapevo per quanto tempo non sarei riuscita a trovare cibo data la location prossima ad un’isola completamente deserta; la fame faceva 90 (sì, come la paura).
Fui veramente fortunata a trovare l’ultimo locale aperto, tra l’altro era convenzionato con la struttura dove alloggiavo, quindi avevano un menù per noi. Così ebbi il tempo di ordinare un secondo al volo, giusto prima che la struttura chiudesse.
Ricordate, se passate da Rainbow Beach, di portare un minimo di cibo con voi e di tenete in considerazione che dalle 19:30 è tutto chiuso.
In realtà, Rainbow Beach è una cittadina nata da poco e ovunque si può vedere scritto ovunque “ROMA NON è STATA COSTRUITA IN UN GIORNO”, come per dire: “Piano piano faremo grande questa città”, nata dal nulla. Ebbene si, il nulla, non c’è nemmeno l’illuminazione per le strade, ad eccezione di una.
E’ verissimo che ero veramente uscita troppo dalla mia zona di comfort, ma a Rainbow Beach c’è una spiaggia grandissima con delle scalette arcobaleno che ti portano giù fino al mare, e uno dei passaggi più suggestivi con dune di sabbia altissime a strapiombo sul mare.
C’è un zona dedicata ai 4×4 4WD, dove con i fuoristrada si può percorrere una parte della spiaggia fino ad una lingua biforcuta di sabbia nell’Oceano, oppure si può salire sulla cima delle dune ed osservare il tramonto. Da lì si può vedere il sole tramontare verso il basso, un po’ come ammirare il tramonto a Santorini (lontanamente), stupendo!

